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Il caso della tardiva iscrizione anagrafica degli stranieri nati in Italia che intendono ottenere la cittadinanza italiana al compimento dei diciotto anni

La cittadinanza italiana per stranieri nati in italia è regolata dall’art. 4, n. 2, della Legge n. 91/1992. 

Tale norma prevede che lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente, senza interruzioni, fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno da tale data.

Risiedere legalmente significa che l'interessato dimora stabilmente nel territorio nazionale "nel rispetto delle norme sull'ingresso e il soggiorno per gli stranieri, nonché nel rispetto delle norme anagrafiche".

Ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana sono pertanto necessari i seguenti requisiti:

  • Che lo straniero sia nato in Italia;
  • che lo straniero sia stato legalmente residente in Italia fino al raggiungimento del 18° anno di età;
  • che lo straniero manifesti la volontà di acquisire la cittadinanza italiana entro un anno dal compimento del 18° anno di età, pertanto, entro il compimento del 19° anno. 

Il problema con cui sia gli stranieri che l'amministrazione, spesso, hanno dovuto scontrarsi è stato quello della tardiva iscrizione anagrafica del minore provocata da inadempienze o dimenticanze dei genitori: omissione che andava a impedire allo straniero divenuto maggiorenne di ottenere la cittadinanza italiana

L'orientamento iniziale adottato dal Ministero dell'Interno era estremamente rigido: il minore doveva essere registrato all'anagrafe sin dalla nascita, ed essere sempre stato - di nuovo, sin dalla nascita - in regola con le norme in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri (fattori, come si può intuire, totalmente rimessi alla condotta dei genitori).

Se non ché, per un mutato sentire sia della stessa pubblica amministrazione, che della giurisprudenza, il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 22 del 7.11.2007, protocollo K.64.2/13, ha aperto le porte ad un approccio più elastico, al fine di “evitare che le omissioni o i ritardi relativi ai predetti adempimenti, spettanti ai soggetti esercenti la patria potestà e non imputabili al minore, possano arrecargli danno”. 

Pertanto, il Ministero dell'Interno ha espressamente stabilito che “l’iscrizione anagrafica tardiva del minore presso un Comune italiano, potrà considerarsi non pregiudizievole ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, ai sensi dell’ art. 4 comma 2 della legge 91/92, ove vi sia una documentazione atta a dimostrare l’effettiva presenza dello stesso nel nostro Paese nel periodo antecedente la regolarizzazione anagrafica (attestati di vaccinazione, certificati medici in generale etc). L’iscrizione anagrafica dovrà comunque essere ragionevolmente ricollegabile al momento della nascita e quest’ultima dovrà essere stata regolarmente denunciata presso un Comune italiano da almeno uno dei genitori legalmente residente in Italia”.

Con la stessa circolare si è puntato a sanare anche brevi interruzioni della residenza legale da parte del minore, con riguardo al permesso di soggiorno: “Se in periodi successivi alla nascita si rilevassero brevi interruzioni nella titolarità del permesso di soggiorno, al fine di favorire la possibilità di dimostrare la permanenza continuativa sul territorio italiano, l’interessato potrà inoltre produrre documentazione integrativa quale certificazione scolastica, medica o altro, che attesti la presenza in Italia, come già richiamato nella citata circolare del gennaio 2007”.

Dunque dal 2007 hanno acquistato la cittadinanza italiana soggetti che avevano periodi di interruzione dell’iscrizione anagrafica, o che erano stati iscritti anche molto tempo dopo la loro nascita in Italia, superando la rigida impostazione iniziale.

L’ufficiale di stato civile ha valutato positivamente a tali fini certificati di vaccinazione, certificati medici in generale, attestati di uffici pubblici dai quali è emersa la presenza dello straniero in Italia, pur in mancanza del corretto requisito della residenza legale.

Il 22 giugno 2013 è entrato in vigore il D. Lgs. n. 69/2013, il cui art. 33, come modificato dalla legge di conversione n. 98/2013, attribuisce valore normativo a quanto già previsto dal Ministero con la circolare del 2007 sopra menzionata.

L’art. 33 prevede quanto segue:

“1. Ai fini di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, all’interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione, ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni idonea documentazione.

2. Gli ufficiali di stato civile sono tenuti, nel corso dei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, a comunicare all’interessato, nella sede di residenza quale risulta all’ufficio, la possibilità di esercitare il diritto di cui al comma 2 del citato articolo 4 della legge n. 91 del 1992 entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data.

2-bis. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli uffici pubblici coinvolti nei procedimenti di rilascio della cittadinanza acquisiscono e trasmettono dati e documenti attraverso gli strumenti informatici".

Si può notare quindi un orientamento di maggiore apertura verso gli stranieri nati in Italia e il loro diritto ad acquisire la cittadinanza italiana, peraltro oggetto delle attuali riforme normative in materia di ius soli.

Anzitutto, tale orientamento è perseguito scindendo la posizione dei genitori stranieri nei confronti del figlio nato in Italia, rendendo meno penalizzante per il figlio l’eventuale inosservanza da parte di genitori delle disposizioni in materia di regolarità del soggiorno, e inoltre impedendo che ricadano sul soggetto interessato eventuali inadempienze della pubblica amministrazione.

Si tratta di innovazioni importanti, considerato l'alto numero di domande di cittadinanza per residenza presentate da cittadini stranieri nati in Italia, o perché non registrati tempestivamente all'anagrafe, o perché non conoscevano l'art. 4, comma 2, della L. 91/1992, e quindi la possibilità di acquisire la cittadinanza con una semplice dichiarazione resa tra il 18° e il 19° anno di età.

 

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