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Cancellazione dalla Banca Dati SIS a seguito di espulsione con il precedente divieto di reingresso decennale

Ai sensi dell’art. 13, comma 14, del D. Lgs. 286/1998, come modificato dal D. Lgs. 89/2011, convertito con Legge 129/2011, in attuazione della Direttiva 115/2008/CE, il divieto di reingresso a seguito del provvedimento di espulsione opera “per un periodo non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, la cui durata è determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti il singolo caso”. 

E' prevista un'eccezione, nel caso in cui l'espulsione sia stata disposta per pericolosità sociale (artt. 13, co. 2, lett. c, e 13 co. 1 T.U, art. 1 L. 155/2005). In tal caso “può essere previsto un termine superiore a cinque anni, la cui durata è determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti il singolo caso”.

Si pone la questione della perdurante validità dei divieti decennali precedentemente disposti, se il termine suddetto non è ancora decorso, ma è invece decorso il nuovo termine massimo quinquennale.

La giurisprudenza, al riaguardo, ha più volte sostenuto che la nuova disciplina del divieto di reingresso opera anche in ordine ai provvedimenti emanati anteriormente alla sua entrata in vigore, per i quali sia previsto un termine superiore a quello massimo stabilito dalla nuova legge ma conforme a quello ratione temporis applicabile, se la scadenza non sia ancora maturata una volta entrato in vigore il nuovo regime giuridico più favorevole al cittadino straniero colpito dal provvedimento di espulsione.

Pertanto, lo straniero segnalato al SIS che ha subito un provvedimento di espulsione, ad esempio nel 2010, con imposizione del divieto di reingresso per una durata corrispondente al previgente termine di dieci anni, sarebbe oggi legittimato a presentare istanza di cancellazione del proprio nominativo dalla Banca Dati Schengen. 

In questo modo potrebbe rimuovere l'impedimento al reingresso, dovendosi applicare il nuovo termine quinquennale, il quale sostituisce automaticamente quello precedente (si veda la recente ordinanza della Corte di Cassazione, sezione Civile, n. 18254 del 2015, pubblicata il 17.09.2015).

Al pari, la giustizia amministrativa ha affermato che “la sopravvenuta entrata in vigore della direttiva rimpatri n. 115/2008 può avere effetti anche su provvedimenti amministrativi adottati antecedentemente a tale data, in quanto il principio del tempus regit actum esplica la propria efficacia solo allorché il rapporto cui l’atto inerisce sia irretrattabilmente definito, e, conseguentemente, diventi insensibile ai successivi mutamenti della legge” (tra le altre: Tar Lazio, Sezione di Roma, II^ Quarter, n. 287/2013; Tar Lazio, Sezione di Roma, II’ Quater, 25 febbraio 2013, n. 2056, Tar Lombardia, Sezione di Brescia, Seconda, n. 1084/2014);

Va ricordato, infine, che la Corte di Cassazione, prima sezione penale, con sentenza n. 12220 del 2012, ha escluso la configurabilità del delitto d’illecito reingresso nel territorio dello Stato nei confronti di un cittadino straniero precedentemente espulso e rientrato in Italia decorsi sette anni, proprio in ragione dei nuovi limiti di durata previsti dalla c.d. Direttiva Rimpatri.

 

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