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L’espulsione amministrativa dello straniero

L’espulsione amministrativa si distingue in ministeriale e prefettizia.

Nel primo caso, l'espulsione dello straniero viene decretata dal Ministero dell’Interno per “motivi di ordine pubblica o di sicurezza dello stato” o per “motivi di prevenzione del terrorismo”.

Si tratta di una decisione di natura altamente discrezionale, impugnabile dinanzi al giudice amministrativo. Giudice competente è il Tar del Lazio.

L’espulsione prefettizia è quella più ricorrente nella prassi. La sua disciplina è stata modificata dalla Direttiva Rimpatri (115/2008/CE), attuata con il D. Lgs. n. 89/2011, convertito con Legge 129/2011. 

Essa disposta nei seguenti casi:

1. Quando lo straniero abbia fatto ingresso nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera. Il presupposto è che non sia stato emesso a suo carico un provvedimento di respingimento, neppure differito.

2. Quando sia stata omessa la comunicazione sostitutiva del nulla osta al lavoro, prescritta nei riguardi di alcune categorie di lavoratori per casi particolari.

3. Quando lo straniero, una volta fatto ingresso in Italia, non abbia richiesto il permesso di soggiorno entro il termine di legge fissato in 8 giorni (a meno che il ritardo non sia dovuto a causa di forza maggiore).

4. Quando il permesso di soggiorno sia stato revocato o annullato, ovvero ne sia stato rifiutato il rilascio o il rinnovo.

Qui bisogna dire che in caso di rifiuto di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno l’espulsione non è automatica.

Il provvedimento di diniego, infatti, indica un termine non superiore a 15 giorni entro il quale lo straniero dovrà lasciare il territorio nazionale.

Esso, inoltre, include l’avvertimento che in caso di non ottemperanza, sarà adottato un provvedimento di espulsione: parliamo in questi casi di “partenza volontaria”.

La partenza volontaria offre importanti benefici allo straniero, evitando due conseguenze tipiche dell’espulsione: la segnalazione al SIS e l’imposizione di un divieto di reingresso.

5. Quando il permesso di soggiorno è scaduto da più di 60 giorni e lo straniero non ne abbia richiesto il rinnovo (art. 13, comma 2°, lettera b, Testo Unico sull’Immigrazione).

Questa è la norma da cui si evince che seppure lo straniero, per legge, è tenuto a richiedere il rinnovo del permesso di soggiorno entro 60 giorni dalla scadenza, in realtà l’eventuale violazione di detto termine non sortisce effetti pregiudizievoli, se non quando siano decorsi 60 giorni oltre la scadenza del permesso di soggiorno medesimo, visto che solo da questo momento lo straniero può essere espulso.

6. Quando lo straniero non abbia dichiarato la propria presenza nel caso abbia fatto ingresso in Italia per un soggiorno di breve periodo (ad es. per turismo), all’autorità di frontiera o alla Questura competente laddove provenga dall’area Schengen.

7. Quando lo straniero si sia trattenuto in Italia oltre il termine stabilito dal visto d’ingresso per soggiorno di breve durata.

8. Quando lo straniero, sulla base di elementi di fatto, viene ritenuto ascrivibile ad alcune categorie di soggetti socialmente pericolosi (art. 13, comma 2°, lettera c, Testo Unico sull’Immigrazione).

Come abbiamo potuto vedere, le cause dell’espulsione prefettizia sono molteplici.

Bisogna dire che spesso gli stranieri in Italia non sono al corrente di trovarsi in una condizione di espellibilità, ad esempio quando tale condizione è appena venuta ad essere e deriva dalla violazione di un termine (trascorsi 60 giorni dalla scadenza del permesso di soggiorno senza aver richiesto il rinnovo: art. 13, comma 2°, lettera “b” del Testo Unico sull’Immigrazione), oppure dall’omissione di un adempimento dovuto (mancata dichiarazione di presenza: articolo 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n. 68).

Per questo motivo, è fondamentale per lo straniero avvalersi della consulenza e dell’assistenza di un professionista esperto in diritto amministrativo e dell’immigrazione, che lo metta al corrente sia dei diritti, che degli obblighi e dei doveri stabiliti dalle norme vigenti.

Incorrere in un decreto di espulsione, infatti, comporterebbe per lo straniero delle gravissime conseguenze, tra cui, prima tra tutte, l’impossibilità di fare rientro in Italia prima di un certo numero di anni. 

 

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