Skip to main content

Ricorsi al Tar per la cittadinanza

Le ipotesi di ricorso al Tar più frequenti, in materia di cittadinanza per gli stranieri, riguardano i casi in cui la pubblica amministrazione non conclude il procedimento entro il termine di legge (ex 730 giorni), ovvero quando la domanda di cittadinanza, all'esito dell'istruttoria, viene rigettata.

Accade che il Ministero dell'Interno, trascorsi i 48 mesi (ex 730 giorni) dalla presentazione della domanda di cittadinanza per residenza (e altri casi di istanza per naturalizzazione), non provvede a concludere il procedimento. 

In questo caso si richiede al Tar di obbligare il Ministero dell'Interno a concludere il procedimento. Il ricorso deve essere proposto entro il termine perentorio di 1 anno dal giorno in cui è scaduto il termine (ex 730 giorni, ora 48 mesi).

E' bene specificare che l'esito vittorioso del ricorso non comporta automaticamente la concessione della cittadinanza in favore del ricorrente, bensì, come detto, va sorgere l'obbligo in capo al Ministero di concludere il procedimento.

Tuttavia, laddove il ricorrente possieda tutti i requisiti stabiliti dalla legge, e non ci siano elementi ostativi (es. precedenti penali scoperti dalla Questura successivamente) è più che presumibile che il Ministero dell'Interno, nell'ambito della sua valutazione discrezionale, conceda la cittadinanza.

Questo, molto spesso, avviene ancor prima dell'udienza, poiché l'amministrazione, se ritiene di dover concedere la cittadinanza, ha tutto l'interesse a chiudere il contenzioso in anticipo, senza dover subire la condanna.

Il ricorso al Tar è un rimedio risolutivo, e anche rapido, in relazione ai tempi che lo straniero attenderebbe nell'ipotesi in cui rimanesse inattivo.

Di contro, se chi ha richiesto la cittadinanza rimane con le mani in mano e non assume iniziative, i suoi tempi di attesa possono arrivare addirittura a sei o sette anni dalla presentazione della domanda.

Il ricorso al Tar, invece, dà la garanzia che il procedimento venga concluso in un tempo comunque circoscritto e controllabile. Peraltro l'avvocato provvederà a depositare periodicamente le c.d. "istanze di prelievo", ossia dei solleciti affinché il Tribunale fissi l'udienza.

Nei casi di diniego della cittadinanza per residenza (e altri casi di istanza per naturalizzazione).

In questo caso l'oggetto della controversia riguarda il merito della domanda di cittadinanza, ovvero se la Pubblica Amministrazione, sulla base degli elementi acquisiti, ha provveduto correttamente o meno a deliberare il diniego.

Il diniego, di regola, viene annunciato con un preavviso, notificato dal Ministero dell'Interno allo straniero. Questi ha l'onere di contestare il provvedimento annunciato entro il breve termine di dieci giorni.

A stabilire l'obbligo del preavviso di rigetto, come specificato anche in altra sezione del sito, è un istituto introdotto dalla riforma del procedimento amministrativo intervenuta nel 2005; infatti, la L. 15/2005 ha inserito, nell'impianto normativo della legge sul procedimento, l'art. 10 bis, rubricato, appunto, "comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza".

Detta disposizione stabilisce che nei procedimenti ad istanza di parte, il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda.

La stessa disposizione prevede che entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. 

La contestazione del preavviso di diniego è molto importante, oltre per tentare di mutare il convincimento dell'autorità amministrativa procedente, anche al fine di costruire la futura condotta processuale dell'istante davanti al Tribunale Amministrativo. 

Infatti, pur non essendo affatto facile che, in questa sede, il Ministero dell'Interno cambi posizione, e quindi modifichi il provvedimento già delineato, la contestazione è comunque un passaggio preliminare essenziale per l'eventuale futuro giudizio davanti al Tar.

In questo modo, infatti, il richiedente dimostrerà di non aver prestato alcun tipo di consenso o acquiescenza rispetto al diniego della cittadinanza, e al contempo confermerà la sua ferma motivazione ad ottenere la cittadinanza, che come sappiamo è un requisito essenziale per il buon esito della pratica.

 

 

Invia la tua richiesta

Se vuoi maggiori informazioni, compila questo modulo.
Ti contatteremo il prima possibile.
 
Accertarsi di inserire una email corretta altrimenti sarà per noi impossibile rispondere.

P.S: In mancanza di una risposta entro 5 giorni, bisogna intendere che, in relazione all'argomento sottoposto, lo Studio non ha la possibilità di prendere in carico il caso



Via dei Gracchi, 151 
00192 Roma

Orari ufficio:

Dal lunedì al venerdì

9.00 - 13.00
 15.00 - 19.00

Si riceve solo
previo appuntamento
telefonico o e-mail

info@avvocatoimmigrati.it

Chiama allo 06.88921971