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Cittadinanza in Italia? Si magari per matrimonio: c'è diritto in caso di divorzio pronunciato dopo che già erano trascorsi 2 anni dalla domanda? Il caso di Natalia

Una cittadina russa ha presentato domanda di cittadinanza italiana per matrimonio con cittadino italiano, dall’estero, tramite Consolato. Chiede il mio aiuto dopo essere stata convocata dall'Ambasciata per il ritiro del decreto.

Il problema? Durante la procedura è intervenuto il divorzio dal coniuge italiano. Il matrimonio era stato celebrato in Italia, il divorzio invece proviene da una sentenza pronunciata da un tribunale russo, non ancora trascritta in Italia. L'amministrazione non è chiaramente al corrente di quanto sopra.

La particolarità è che il divorzio è arrivato quando era già decorso il termine di due anni stabilito dall'art. 8, comma 2, della legge 5 febbraio 1992 n. 91.

Ho contattato l'Ambasciata competente facendo presente il venir meno del vincolo coniugale, ma insistendo ugualmente per il riconoscimento della cittadinanza in favore dell'assistita, fondamentalmente per 2 motivi:

1) Art. 8, comma 2, della L. 91/1992, su richiamato, per il quale “L’emanazione del decreto di rigetto dell’istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell’istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni”.

Laddove l’Amministrazione si fosse conformata ai termini del procedimento e al principio di legalità che ispira l’azione amministrativa, l’istante sarebbe stata senz'altro cittadina italiana, così l’eventuale revoca del decreto palesemente avrebbe esposto l’Amministrazione stessa, il dirigente e il responsabile del procedimento, a un’azione civile per il risarcimento del danno da ritardo, come previsto e riconosciuto dall’art. 2 bis della legge n. 241/1990.

Ho ritenuto fondamentale considerare, inoltre, che la disposizione di cui all’art. 5, nella parte in cui prevede come condizione per il riconoscimento della cittadinanza, che all’adozione del decreto “non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi”, ha l’evidente ratio di impedire che il matrimonio tra cittadino italiano e cittadino straniero venga utilizzato come mero strumento per consentire a quest’ultimo di ottenere la cittadinanza italiana.

L’ordinamento italiano si pone quindi l’obiettivo, con tale norma, di contrastare il “matrimonio di comodo”, diffusa fattispecie illegale considerata, in primis, a livello comunitario dall’35, Direttiva 2004/38/CE, dietro al quale si celano molto spesso vere e proprie organizzazioni criminali. Ebbene, tutto ciò, per le peculiarità del caso, non poteva ravvisarsi in riferimento alla mia assistita.

2) In secondo piano si è posta la questione della mancata trascrizione della sentenza di divorzio pronunciata da tribunale straniero, trattandosi di un vizio puramente formale che avrebbe potuto depotenziare l’argomentazione di cui sopra, ben più importante e significativa.

Oggi, 6 dicembre 2017, l’Ambasciata mi ha comunicato che il Ministero degli Affari Esteri ha accolto le mie argomentazioni. Pertanto, con molta ansia, sto cercando di mettermi in contatto con l’assistita che chiaramente non vive in Italia, per poterle dare la straordinaria notizia!

 

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