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Cittadinanza italiana con il ricorso al Tar quando lo straniero vuole trasferirsi all'estero

Il problema della disoccupazione riguarda italiani e stranieri indifferentemente. Già da tempo si assiste ad una non trascurabile migrazione di lavoratori dall’Italia verso altri Stati come Svizzera, Germania e Regno Unito.

Un caso che si verifica spesso nella prassi è quello dello straniero che, dopo aver presentato la domanda di cittadinanza per residenza, si vede recapitare un’allettante offerta di lavoro dall’estero. Spesso questa offerta di lavoro consentirebbe allo straniero: a) di ricongiungersi a familiari, quando la proposta proviene dalla ditta di un fratello, uno zio, un cugino, ecc., o dove gli stessi sono impiegati; b) di migliorare la propria retribuzione o di rimediare ad una situazione lavorativa precaria, se non addirittura ad un sopravvenuto – o imminente - stato di disoccupazione. 

Altre volte la proposta di assunzione dall’estero non ha alcun legame con i vincoli affettivi e le opportunità derivanti da familiari. Semplicemente, il buon curriculum dello straniero viene selezionato in uno Stato che non è l’Italia, e per lui si apre uno scenario lavorativo nuovo, importante. Peccato che l’azienda non possa attendere l’accettazione in eterno, o comunque a tempo indeterminato, e, d’altra parte, che come condizione essenziale, per il tipo di attività da svolgersi, venga richiesto al lavoratore il possesso della cittadinanza europea.

Oppure pensiamo allo studente, o al libero professionista, che vorrebbero svolgere un periodo di stage, di formazione o specializzazione all’estero, ma che per gli stessi motivi – il proprio status di extracomunitario – siano impossibilitati a cavalcare tali ambizioni.

In tutti i casi sopra rassegnati, la parola predominante è “urgenza”: lo straniero ha bisogno della cittadinanza italiana nel minor tempo possibile.

Non c’è tempo per sollecitare, per chiedere in via bonaria l’adozione del provvedimento. Quando l’urgenza è così forte, l’unica soluzione concreta, da consigliare, per ottenere il provvedimento, è quella del ricorso al Tar.

Unico presupposto è che dalla presentazione della domanda di cittadinanza siano passati 730 giorni, ma non più di 3 anni, perché oltre il terzo anno l’interessato sarebbe decaduto dal diritto di agire in giudizio.

Con l’azione giudiziale davanti al Tar - se il richiedente possiede tutti i requisiti di legge per ottenere il beneficio - la cittadinanza arriva in tempi brevissimi, perché il Ministero dell’Interno, ricevuto il ricorso, è obbligato ad inserire la pratica del richiedente tra quelle prioritarie e a concluderla in tempi strettissimi.

Tra l’altro, dimostrando che esiste uno specifico motivo di urgenza (ad esempio, allegando l’offerta di assunzione dal Paese estero), è possibile richiedere al Tar la fissazione di un’udienza anticipata (l’udienza cautelare): ciò restringe ulteriormente i tempi di attesa, perché se l’interesse del Ministero è quello di chiudere la questione prima dell’udienza, nel momento in cui viene anticipata l’udienza si restringe anche la finestra di tempo entro cui l’Amministrazione è chiamata ad emettere il decreto.

 

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