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La cittadinanza per matrimonio è un diritto?

L’art. 6 della Legge n. 91/1992 stabilisce che precludono l’acquisto della cittadinanza per matrimonio:

  1. la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale (rispettivamente, delitti contro la personalità internazionale dello Stato, delitti contro la personalità interna dello Stato, delitti contro i diritti politici del cittadino);
  2. la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ovvero la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorita' giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;
  3. la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

La risposta alla nostra domanda va cercata nell’art. 8, comma 2, della Legge 5 febbraio 1992 n. 91, “l’emanazione del decreto di rigetto dell'istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell'istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni " .

Travisando la norma, molti stranieri sostengono questo: poiché una volta “decorso il termine di due anni” la cittadinanza per matrimonio diventa un diritto, tale diritto è acquisito, e quindi la separazione o il divorzio non hanno più rilevanza.

E invece no. Probabilmente, questa convinzione è il frutto di informazioni sbagliate, trovate nel web.

In verità , diritto è, la cittadinanza, quando è decorso il termine di due anni, se anche ricorre una delle fattispecie sopra elencate alle lettere a), b) e c) dell’art. 6: qui, l’Amministrazione non ha più la possibilità di emettere un provvedimento di diniego.

Diritto non è, invece, se viene a mancare, prima del giuramento, anche fossero trascorsi 10 anni dalla presentazione della domanda, il requisito fondante che è l’esistenza del matrimonio.

Ai fini dell’accoglimento della domanda, pertanto, a prescindere dal tempo trascorso, è necessario che al giorno del giuramento il matrimonio sia ancora valido ed efficace.

Ne consegue che la cittadinanza per matrimonio non viene concessa se dovesse sopraggiungere il divorzio o la separazione dei coniugi anche una volta scaduti i 730 giorni di legge.

Inoltre, è importante specificare che l’acquisizione della cittadinanza per matrimonio è impedita non soltanto dalla separazione legale, cioè quella pronunciata da un giudice, ma anche da quella di fatto, ovvero quando i coniugi perdono la comunione morale e spirituale che caratterizza il matrimonio e vanno a vivere ciascuno per conto suo.

Al riguardo, gli stranieri debbono sapere che, per ottenere la cittadinanza, è indispensabile per tutta la durata della procedura, oltre rimanere formalmente uniti in matrimonio con il coniuge italiano, che rimanga comune anche la loro residenza anagrafica, e quindi che esista una residenza coniugale dalla quale possa evincersi che il matrimonio è effettivo, reale ed attuale.

Accade di frequente la situazione del coniuge che, ad esempio per motivi di lavoro, sposta altrove la sua residenza, pur essendo il matrimonio perfettamente efficace e in vita: l’Amministrazione interpreta il venir meno della convivenza come indice di separazione di fatto, e il risultato è che la cittadinanza viene negata.

Né tutti sono a conoscenza del fatto che a impedire l’acquisto della cittadinanza è anche la morte del coniuge italiano avvenuta nel corso del procedimento.

Una volta capitò al nostro Studio il caso di una signora che aveva perso il marito italiano proprio pochi giorni prima del giuramento! Oltre al dolore personale, fu per lei una beffa per la pratica di cittadinanza, poiché la morte, al pari del divorzio, è causa di estinzione del vincolo coniugale: alla data del giuramento era venuto meno il matrimonio.

Speriamo di aver chiarito ai nostri visitatori quanto sia complessa la materia della cittadinanza per matrimonio, e quindi che l’assistenza di un legale esperto della materia è importante non soltanto per sollecitare la pratica di cittadinanza e ridurre i tempi di attesa, ma anche e in primo luogo per evitare possibili impedimenti all’accoglimento della domanda.

 

 

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