Domanda di cittadinanza: il requisito del rispetto delle leggi penali e delle norme di civile convivenza
Molte volte lo straniero che ha avuto un precedente penale è convinto di non avere più problemi con la giustizia semplicemente perché sul casellario giudiziale “NULLA” risulta.
Su tali premesse, presenta la domanda di cittadinanza con la convinzione che essa verrà accolta. L’esito, invece, è un provvedimento di diniego della cittadinanza.
Va chiarito un equivoco molto diffuso tra gli stranieri che richiedono la cittadinanza.
La “non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale” è un trattamento premiale previsto dall’art. 175 del codice penale.
Questo significa che la condanna non risulta solo se a richiedere il certificato del casellario giudiziale è lo straniero condannato. Di contro,la condanna resta viva a tutti gli effetti nella fedina penale del condannato, e rimane, quindi, visibile e nota alle forze dell’ordine e all’autorità giudiziaria.
Esistono, in sostanza, due certificati del casellario giudiziale: uno ad uso privato, che non presenta la condanna se il condannato ha beneficiato della "non menzione della pena" ai sensi dell'art. 175 c.p., e un altro per le pubbliche amministrazioni, in cui, a prescindere dall'avvenuta concessione di detto beneficio, tutto risulta.
Ne consegue che la Questura, verificata l’esistenza della condanna, rilascia di regola un parere negativo sulla posizione del richiedente, al quale segue il parere negativo della Prefettura e, come normale conseguenza, il preavviso di diniego della cittadinanza italiana notificato dal Ministero dell’Interno.
Per questo motivo, lo straniero, quando vuole affidarci la gestione della sua pratica di cittadinanza, non deve sottacere e sottovalutare nulla in relazione ai suoi trascorsi giudiziari: sapere in anticipo dell’esistenza di un precedente penale, anche non risultante sul casellario giudiziale, è un punto di forza perché indirizza la strategia difensiva verso strade più prudenti e attente.
A ostacolare l’accoglimento della domanda di cittadinanza, peraltro, non è solo la sentenza definitiva di condanna, anche non risultante sul certificato del casellario giudiziale, ma ogni fatto storico da cui si possa desumere la mancata integrazione del richiedente sotto il profilo del rispetto delle leggi penali e delle norme di civile convivenza.
La concessione della cittadinanza per residenza, infatti, è un provvedimento altamente discrezionale, e l’Amministrazione è tenuta a valutare che, all’interesse dello straniero a vedersi riconoscere il beneficio della cittadinanza, corrisponda l’interesse pubblico dello Stato ad accogliere lo straniero stesso nella propria Comunità come nuovo cittadino.
La realtà e la prassi dimostrano come anche condanne per reati contravvenzionali e/o di lieve entità (esempio tipico, le condanne per guida in stato di ebbrezza) sono ritenute dall’Amministrazione "elementi pregiudizievoli", ovvero motivi che impediscono l’accoglimento della domanda di cittadinanza.
L’integrazione dello straniero, pertanto, non viene identificata soltanto nell’autosufficienza economica, ovvero sulla capacità di mantenersi autonomamente senza costituire un onere a carico dello Stato, ma anche nella sua affidabilità sociale e morale, perché non è interesse della Comunità accogliere in sé uno straniero che non rispetta le proprie leggi.
L’Amministrazione considera negativamente persino le notizie di reato che non hanno avuto un seguito giudiziario, o comunque non culminate con una sentenza di condanna: ad esempio, i reati prescritti. La prescrizione, infatti, non cancella il fatto storico, per cui l’Amministrazione ritiene di dover tenere conto di tale fatto nonostante sia mancata la condanna penale.
C’è ampio spazio per difendersi su questo punto, poiché denegare il beneficio della cittadinanza a causa di un fatto per il quale è mancato del tutto l’accertamento della colpevolezza del richiedente è una misura a dir poco discutibile.
Ma non è questa la sede per approfondire le argomentazioni difensive da opporre ai preavvisi di diniego originati da precedenti penali o notizie di reato.
Vogliamo concludere affermando un semplice principio: anche il più lieve precedente o problema con la giustizia, anche un semplice arresto, una segnalazione alle forze di pubblica sicurezza, insomma, ogni episodio che abbia visto lo straniero protagonista di una reale o supposta violazione di legge, tutto ciò può complicare la pratica di cittadinanza.
In queste situazioni, la pratica di cittadinanza deve essere seguita e sollecitata con particolare prudenza, cercando più che altro un dialogo con la Pubblica Amministrazione, piuttosto che uno scontro con le classiche diffide ad adempiere.
Sono questi i casi in cui seguire le diffide e/o i solleciti presi dai forum online può rivelarsi un grande autogol che conduce dritti dritti al preavviso di diniego della cittadinanza, mentre, di contro, quasi obbligata diventa la scelta di rivolgersi ad un avvocato per gli straneri specializzato nella materia della cittadinanza.