Come si svolge il processo per ottenere l’annullamento del diniego del visto
L’unico modo concreto per opporsi al provvedimento di rifiuto del visto è proporre ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, la cui competenza, salvo si tratti di visto per ricongiungimento familiare, è inderogabile.
L'obiettivo del ricorso contro il diniego del visto non è soltanto ottenere l’annullamento del provvedimento negativo, e quindi che l’Amministrazione rilasci il visto richiesto, ma anche mutare il trend per l'avvenire.
Infatti, vincendo il ricorso, si andrebbe a creare un precedente difficilmente eludibile da parte dell'Ambasciata italiana che aveva emesso il diniego, in relazione alle richieste future dello straniero, fondate sulle medesime causali e circostanze.
Ottenere l’annullamento del diniego del visto con lo studio legale Francesco Boschetti
Tecnicamente, "vincere il ricorso" significa che il Tribunale Amministrativo dichiara la illegittimità del diniego del visto e provvede a disporne l’annullamento.
A quel punto, si richiede il rilascio del visto stesso all'Amministrazione, che dovrà adeguarsi alla decisione del Tribunale.
E’ naturale che il visto, in tal caso, sarà concesso per un periodo a seguire, poiché è impossibile ottenere una decisione dal Tar nei termini utili per consentire allo straniero di rispettare la data di ingresso prescelta.
Il ricorso contro il diniego del visto deve essere proposto entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento. L’atto introduttivo include la richiesta di fissazione di un’udienza cautelare, nella cui sede si chiederà al Tar di ordinare all'Amministrazione di rivalutare il caso alla luce dei motivi del ricorso, se ritenuti fondati.
Entro i successivi 30 giorni, il ricorso viene depositato insieme alla documentazione presso il Tar del Lazio.
Per procedere con il ricorso al Tar, lo straniero deve rilasciare una procura speciale all'avvocato in Italia. La procura deve essere redatta nella lingua ufficiale dello Stato di residenza dell'interessato, autenticata da un Notaio.
Dopodiché lo straniero deve richiedere la traduzione in italiano, avvalendosi dell'opera di un traduttore ufficiale. Infine, la procura deve essere legalizzata dall'autorità consolare italiana, ovvero, se lo Stato in questione aderisce alla Convenzione dell'Aja del 1961, devono richiedersi le "Apostille" presso gli organi competenti.
Entriamo nel vivo del processo.
All’udienza cautelare (per la quale, in genere, bisogna attendere da 1 a 3 mesi), la relativa istanza sarà accolta solo se il Tribunale ritiene esistenti il fumus boni iuris, cioè un apprezzabile margine di fondatezza del ricorso, e il periculum in mora, ovvero il rischio di un grave pregiudizio che il ricorrente potrebbe subire nell’attesa della decisione di merito.
Se si ottiene una pronuncia favorevole, possono verificarsi due ipotesi:
- L'Ambasciata, spontaneamente, revoca il diniego e concede il visto;
- l’Ambasciata conferma il diniego del visto sulla base di ulteriori argomentazioni. In questa ipotesi, il ricorrente dovrà notificare un secondo atto (i “motivi aggiunti”) contro il nuovo rifiuto.
Sia nel caso in cui la domanda cautelare sia respinta dal Tribunale, sia nel caso di secondo rigetto da parte dell’Ambasciata da impugnare con i “motivi aggiunti”, il processo deve proseguire nel merito e senza dubbio i tempi si allungano.
L’obiettivo essenziale, pertanto, è risolvere la controversia nell’udienza cautelare. La possibilità di ottenere tale risultato, tuttavia, dipende da molti fattori, anche dalla fondatezza della relazione depositata dall’Avvocatura dello Stato, con la quale l’Amministrazione stende la vera e propria motivazione del diniego del visto.
Riguardo all’udienza cautelare, deve ricordarsi che se ne ricorrono i presupposti, si potrà richiedere al Tar, già in questa sede anticipata, di emettere direttamente la sentenza (in forma semplificata), ai sensi dell’art. 60 del codice del processo amministrativo.
Tale norma, infatti, prevede: (“…. il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, puo' definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione…”)