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I gravi effetti pregiudizievoli del decreto di espulsione

Il decreto di espulsione comporta l’allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato e altri effetti molto gravi: ragione per cui, lo straniero che si sia visto rifiutare il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, o che abbia anche un piccolo dubbio sulla regolarità del proprio soggiorno in Italia, dovrebbe rivolgersi quanto prima ad uno Studio legale specializzato in diritto dell’immigrazione. 

Il decreto di espulsione, nello specifico:

- Obbliga lo straniero a lasciare il territorio dello Stato, fermo restando il diritto dei minorenni, che sono inespellibili per legge, di lasciare l’Italia a seguito del genitore espulso.

- Comporta il divieto di reingresso in Italia senza l’autorizzazione straordinaria del Ministero dell’Interno, di regola per un periodo che va dai 3 ai 5 anni, ovvero superiore in casi particolarmente gravi come i motivi di prevenzione del terrorismo e di espulsione di stranieri appartenenti a categorie di soggetti perticolarmente pericolosi.
Il divieto di reingresso viene registrato nel SIS, ai sensi dell’art. 96 della Convenzione di Schengen, e può essere imposto solo se allo straniero non è stato concesso un termine per la partenza volontaria, o se tale termine non sia stato rispettato.

La presenza di una segnalazione al SIS comporta, in via praticamente automatica, il rigetto di ogni domanda di visto d’ingresso verso Paesi Schengen.

Violare il divieto di reingresso senza aver ottenuto l’autorizzazione del Ministero dell’Interno comporta una sanzione molto grave: ovvero una nuova espulsione con accompagnamento coattivo alla frontiera, nonché la pena della reclusione da 1 a 4 anni.

Il decreto di espulsione è immediatamente esecutivo e deve essere congruamente motivato. Inoltre, deve contenere le modalità di impugnazione.

Viene notificato a mani proprie dello straniero, tradotto in una lingua a lui comprensibile, o qualora ciò non sia possibile, in una lingua scelta dall’interessato tra inglese, francese o spagnolo.

La mancata traduzione nella lingua conosciuta, ove non sia giustificata nella motivazione, rende nullo il decreto di espulsione.

Il ricorso avverso il decreto di espulsione si propone dinanzi al Giudice di Pace del luogo in cui ha sede l’autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla notifica.

Il rito è quello sommario di cognizione.

Successivamente al deposito del ricorso, esso, insieme al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato alla Prefettura che ha emesso il decreto di espulsione, almeno 5 giorni prima dell’udienza.

Le notifiche sono effettuate a cura della Cancelleria del Giudice di Pace.

La Prefettura può costituirsi in giudizio fino alla prima udienza, mentre la decisione deve essere emessa entro 20 giorni dal dalla data di deposito del ricorso.

L’annullamento del decreto di espulsione si estende al provvedimento della Questura di esecuzione dell’espulsione stessa.

Si ricorda, infine, che per consolidata giurisprudenza di legittimità, il Giudice di Pace, nel giudizio avente ad oggetto l’impugnazione del decreto di espulsione, non può pronunciarsi sulla legittimità del diniego del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, o del mancato accoglimento dell’istanza di regolarizzazione dello straniero, in quanto sussiste, relativamente a tali provvedimenti, la giurisdizione del giudice amministrativo.

L’ordinanza che definisce il giudizio è impugnabile solo in Cassazione per violazione di legge.

Il ricorso può essere presentato personalmente. Tuttavia, considerata la sua valenza altamente giuridica, e la difficoltà della materia, è quanto mai opportuno per lo straniero farsi rappresentare ed assistere da un avvocato esperto del settore.

Il nostro Studio è pronto ad assistere lo straniero che ha ricevuto un provvedimento di espulsione, offrendo professionalità ed esperienza formata sul campo.

 

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