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Sono discendente di un italiano, ma sono nato e cresciuto in Brasile. Cosa devo fare per ottenere la cittadinanza?

Chi nasce in Brasile da cittadino di sangue italiano presenta due stati di cittadinanza differenti e paralleli: la cittadinanza brasiliana, ius soli, e la cittadinanza italiana, jure sanguinis.

Ma la cittadinanza italiana deve essere accertata. Il discendente di sangue italiano deve presentare la domanda per la cittadinanza italiana, allegando i certificati dello stato civile (nascita e matrimonio, debitamente tradotti e apostillati) che attestano la discendenza in linea retta dall’avo italiano.

Ricordiamo che la domanda per conseguircidadania italiana può essere presentata esclusivamente dal discendente in linea retta, cioè di sangue, mentre il coniuge non ha alcun diritto nel relativo procedimento, potendo egli richiedere la cittadinanza solo in un momento successivo, cioè per naturalizzazione, tramite la domanda di cittadinanza per matrimonio, una volta che l’italiano ha ottenuto il riconoscimento della sua cittadinanza jure sanguinis.

La cittadinanza per matrimonio – se la coppia risiede all’estero - viene richiesta tramite il Consolato, allegando tutti i documenti richiesti per la cittadinanza italiana, tra i quali, in particolare, si ricordano l’atto di nascita e il certificato penale del paese di origine e dei degli altri eventuali Stati in cui il richiedente ha risieduto dopo i 14 anni: tali certificati, essendo stranieri, devono essere tradotti e muniti di Apostille ai sensi della Convenzione Aja del 1961.

Si parla di cidadania italiana judicial quando il richiedente è costretto o ha interesse a vedere riconosciuta la sua cittadinanza ius sanguinis in via giudiziale.

Il cittadino brasiliano è “costretto” a chiedere l’intervento del giudice quando si è in presenza di un caso di cidadania via materna, ovvero quando nel suo albero familiare uno dei discendenti è nato da una donna prima del 1948.

Non esiste un obbligo ma un interesse, invece, quando la discendenza è in linea maschile, oppure quando il figlio della donna italiana è nato dopo il 1948.

Nel caso della cittadinanza via materna la via del giudice è obbligata perché l’Amministrazione italiana nega, in quei casi, il reconhecimento da cidadania italiana, poiché le donne, per la vecchia legge n. 555 del 1912 (applicabile in ragione del tempo in cui avvengono i passaggi generazionali) non poteva trasmettere la cittadinanza italiana.

Tale discriminazione è stata risolta da due interventi della Corte Costituzionale, nel 1975 e nel 1983, ma l’Amministrazione riconosce l’applicabilità di tali sentenze soltanto a partire dal 1° gennaio 1948, da quando cioè è entrata in vigore la nostra Costituzione.

Nel caso dello ius sanguinis per via paterna, al contrario, non esiste obbligo di adire l’autorità giudiziaria, poiché l’Amministrazione non contesta il diritto; può però esistere un interesse giuridicamente rilevante quando la domanda amministrativa diventa in concreto non esercitabile, poiché i Consolati espongono i richiedenti a tempi di attesa smisurati: questo è ad esempio il caso del Consolato d’Italia a San Paolo, che impiega 12 anni solamente per convocare i richiedenti ai fini della consegna dei documenti.

La cittadinanza italiana giudiziale può essere richiesta soltanto con il patrocinio di un avvocato iscritto in un Ordine degli avvocati italiano. Il processo viene svolto con una procura, per cui i richiedenti non dovranno mai presentarsi in Italia: questo è il grande vantaggio della cidadania italiana judicial rispetto alla cidadania ottenuta in via amministrativa in Italia.

Infatti, ricordiamo, la cittadinanza via paterna può essere richiesta anche in Italia, ma il richiedente è obbligato a trasferirsi in Italia e a fissare qui la residenza, per tutto il periodo di svolgimento della procedura.

Poche persone possono permettersi di lasciare casa e lavoro per due, tre o quattro mesi. Inoltre la cittadinanza via amministrativa comporta costi certamente maggiori che una procedura giudiziale. La procedura amministrativa, infine, comporta il disagio di dover vivere in Italia quando ancora non si conosce la lingua e pertanto si ha necessario bisogno di ricorrere ad una assessoria, con inevitabile aumento dei costi.

La via giudiziale è dunque la più comoda e snella per i richiedenti, che si vedono “recapitare” la cittadinanza comodamente a casa: tutta l’attività viene svolta dall’advogado cidadania italiana, che avrà cura di tenere aggiornato il proprio cliente su tutti gli step del procedimento, affinché questi possa essere al corrente della cidadania passo a passo.

 

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