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Le regole da sapere per entrare in Italia se sei straniero. Ecco cosa fare

Esiste un percorso ideale dello straniero che sceglie di vivere stabilmente in Italia. Questo percorso inizia con l'ingresso, forse la tappa più complicata.

Sappiamo, infatti, che da molti anni i Governi emanano decreti flussi che consentono l'ingresso per fattispecie molto complesse e alla portata di pochi (ad es. per gli stranieri che intendano avviare start-up innovative), dunque la normale colf, o lo straniero che intende entrare legalmente in Italia per svolgere attività di lavoro (autonomo o subordinato), di fatto non riesce a vedere soddisfatta la sua aspettativa.

Per gli stranieri che però riescono a ottenere il visto d'ingresso il successivo passo è l'ottenimento del permesso di soggiorno (rilasciato per il medesimo titolo: es., al visto per studio corrisponde il permesso di soggiorno per studio). Con il permesso di soggiorno lo straniero si iscrive all'anagrafe della popolazione residente.

Il terzo step di questo percorso ideale, che rappresenta la completa e perfetta integrazione dello straniero nel territorio nazionale, è la domanda per ottenere la cittadinanza italiana, che lo straniero può presentare solo dopo un determinato periodo di residenza (generalmente, 10 anni, ai sensi dell'art. 9, lettera f, della legge 5 febbraio 1992 n. 91). Conta unicamente la residenza anagrafica e non quella "di fatto". Per questo motivo diventa essenziale, per lo straniero interessato alla cittadinanza italiana, ricorrere contro un eventuale diniego residenza anagrafica.

Solitamente gli stranieri si muovono un po' di tempo prima per capire come fare per avere la cittadinanza italiana, assumendo informazioni presso legali, caf o patronati su quale documentazione occorre presentare e sui requisiti essenziali per poter presentare la domanda.

La cittadinanza per residenza, tuttavia, non è l'unica forma di acquisto dello status civitatis. Anzi, dobbiamo dire che la forma di acquisto principale della cittadinanza rimane lo ius sanguinis Italia, più di ogni altro Paese, non essendo previsto nel nostro ordinamento alcun limite generazionale.

Gran parte delle domande di cittadinanza iure sanguinis sono presentate da discendenti di antenati italiani emigrati all'estero, per lo più nella seconda metà dell'Ottocento. Una ricca quantità di cittadini italiani di sangue, discendenti di antenati emigrati, proviene senza dubbio dal Brasile. In questo caso parliamo di cidadania italiana, termine molto ricercato dai cittadini brasiliani di sangue italiano che desiderano ottenere il passaporto italiano per vedere ampliati i propri scenari di vita.

La cidadania italiana, come la ciudadania italiana per i popoli di lingua spagnola, può essere richiesta in via amministrativa o giudiziale a seconda dei casi, ovvero a seconda di com'è composta la linea genealogica: se sono presenti donne, nella linea, bisogna verificare se il figlio - o i figli - di questa siano nati prima o dopo il 1948. Nel primo caso il diritto può essere fatto valere solo in via giudiziale, perché l'Amministrazione riconosce gli effetti delle due note sentenze della Corte Costituzionale - che hanno parificato la donna all'uomo in materia di cittadinanza e filiazione - solo a partire del 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione italiana. Nel secondo caso, invece, il diritto non è contestato dall'Amministrazione italiana, per cui la domanda può essere presentata tramite Consolato italiano (se il richiedente risiede all'estero) o Comune, se l'interessato trasferisce la sua residenza in Italia per avviare il procedimento.

La cidadania judicial deve essere richiesta necessariamente con il patrocinio di un avvocato iscritto a un ordine degli avvocati in Italia, e richiede il previo rilascio di una procura speciale alle liti, eventualmente tradotta e legalizzata (o apostillata, se lo Stato di formazione ha aderito alla Convenzione dell'Aja del 1961).

 

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