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Ricorso contro il diniego cittadinanza per guida in stato di ebbrezza

Il riconoscimento della cittadinanza italiana per naturalizzazione costituisce per la pubblica amministrazione un atto di natura altamente discrezionale. 

Ciò significa che la concessione dello status di cittadino non costituisce per il richiedente una sorta di "diritto" che deve necessariamente e automaticamente essergli riconosciuto, ma rappresenta il momento conclusivo di un'attenta analisi che implica l'accertamento di un interesse pubblico, cioè il corretto inserimento dello straniero nella comunità nazionale. 

La pubblica amministrazione, nonostante il suo potere discrezionale, non può però limitarsi a fornire un giudizio sommario, superficiale e incompleto, emettendo un diniego cittadinanza italiana unicamente sulla base di una precedente condanna, specie se risalente nel tempo, per guida in stato d'ebbrezza, rispetto alla quale sia addirittura intervenuta una pronuncia di riabilitazione. 

Infatti, la condotta di guida in stato d'ebbrezza, pur configurandosi come un fatto moralmente censurabile, non può da sola essere considerata portatrice di particolare allarme sociale rispetto ai principi fondamentali della convivenza, soprattutto se riferita a un episodio isolato.

Pertanto, una valutazione in concreto dell'adesione ai valori dell'ordinamento va effettuata non in maniera automatica, a fronte dell'astratta tipologia di reato e nonostante il sopraggiungere degli effetti preclusivi della condanna, ma sulla base delle specifiche circostanze del caso concreto, tenendo conto dell'effettivo livello d'integrazione dello straniero nel tessuto sociale. 

Quanto detto trova conferma nella decisione del Consiglio di Stato, Sez. III, 20 marzo 2019, secondo cui "non è possibile esigere dallo straniero, per riconoscergli la cittadinanza, un quantum di moralità superiore a quella posseduta mediamente dalla collettività nazionale in un dato momento storico, sicché il giudizio sulla integrazione sociale dello straniero richiedente la cittadinanza italiana, sebbene debba tenere conto di fatti penalmente rilevanti, non può ispirarsi ad un criterio di assoluta irreprensibilità morale, nella forma dello status illesae dignitatis, o di impeccabilità sociale, del tutto antistorico prima che irrealistico e, perciò, umanamente inesigibile da chiunque, straniero o cittadino che sia". 

Infatti, secondo i giudici amministrativi, "una visione eticizzante dello Stato portatore di una morale superiore ed escludente, implicherebbe l'impossibilità di ottenere la cittadinanza per il solo fatto di avere compiuto un reato, anche se non avente una concreta (concreta, si noti, e non meramente astratta o presunta) carica di disvalore morale o di pericolosità sociale per l'ordinamento giuridico"

Pertanto, condividere una simile impostazione vorrebbe dire "realizzare una irragionevole chiusura della collettività nazionale all'ingresso di soggetti che, pur avendo tutti i requisiti per ottenere la cittadinanza, si vedono privare di questo legittimo interesse, in assenza di un effettivo, apprezzabile, interesse pubblico a tutela della collettività, e per mere fattispecie di sospetto in danno dello straniero". 

È molto importante questa pronuncia del Consiglio di Stato perché lascia chiaramente intendere che allo straniero richiedente la cittadinanza italiana non può essere richiesto uno stile di comportamento impeccabile, poiché il giudizio di inserimento del medesimo nel tessuto sociale dello Stato deve essere realistico, ben più moderato, e soprattutto deve fondarsi sui fatti che lo straniero presenta concretamente nel tempo del suo soggiorno in Italia in termini di lavoro, istruzione, vita sociale, etc., specie nei casi, come qui, dove l'interessato abbia ottenuto la riabilitazione penale per la cittadinanza.

Il diniego della cittadinanza italiana, in sostanza, non può prescindere da un giudizio globale sulla gravità della vicenda penale e sulla complessiva personalità del richiedente, tenuto conto anche dei suoi legami familiari, dell'attività lavorativa svolta, del reale radicamento nel territorio nazionale e della chiara volontà di appartenere alla comunità italiana, risolvendosi, altrimenti, in un giudizio predeterminato che non trova adeguata motivazione.

Precedente penale per guida in stato d'ebbrezza=diniego cittadinanza italiana è un automatismo che va assolutamente censurato ed è motivo di annullamento del provvedimento di diniego della cittadinanza italiana. 

Dunque, nell'ipotesi in cui lo straniero dovesse ricevere un provvedimento di rifiuto rigetto o diniego della cittadinanza per guida in stato d'ebbrezza, o un preavviso di diniego cittadinanza per guida in stato d'ebbrezza, potrà farsi assistere dal nostro Studio tramite la memoria contro il preavviso diniego cittadinanza o la presentazione di un ricorso contro il diniego della cittadinanza italiana. La memoria contro il preavviso diniego cittadinanza deve essere presentata entro 10 giorni. Il ricorso, invece, va proposto entro 60 giorni dal notifica del provvedimento finale di rigetto. 

 

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