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Diniego e preavviso di diniego della cittadinanza

L’Amministrazione invia la comunicazione di cui all’art. 10 bis della Legge n. 241 del 1990, il c.d. preavviso di diniego, quando rileva uno o più elementi che a suo giudizio impediscono l’accoglimento dell’istanza.

Se si tratta di domanda di cittadinanza per residenza, la volontà di procedere con il rigetto può derivare:

  • Dal fatto che il richiedente non ha maturato dieci anni di residenza anagrafica nel territorio nazionale (o il diverso termine tra quelli previsti dall’art. 9 della Legge n. 91 del 1992, in base alla sua particolare condizione), ovvero che tale periodo ha subito interruzioni;
  • dall’aver accertato che il richiedente non possiede redditi congrui, avuto riguardo, come parametro di riferimento, all’importo previsto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria;
  • dall’aver accertato, in capo al richiedente, elementi pregiudizievoli di natura penale, tenuto conto che l’Amministrazione ritiene il richiedente non integrato nella comunità nazionale – a torto o a ragione - non solo se nei suoi confronti sono state emesse sentenze di condanna, ma anche se egli è stato soggetto a procedimenti successivamente estinti (ad es. per intervenuta prescrizione o per remissione di querela), e persino a denunce o segnalazioni rimaste prive di qualsiasi seguito giudiziario. 

Contro il preavviso di diniego l’interessato può presentare una memoria difensiva. Seppure detta memoria possa essere presentata personalmente dall'interessato, considerato l’alto tenore giuridico dell'atto da formulare e la gravità delle conseguenze di un eventuale diniego definitivo della cittadinanza, appare quanto mai opportuna l’assistenza di un avvocato specializzato nella materia.

Il termine per replicare al preavviso di diniego è molto stretto: 10 giorni dalla notifica dell'atto.

Contestare il preavviso di diniego è fondamentale, per due motivi: anzitutto, bisogna cercare di “convincere” l’Amministrazione a concedere la cittadinanza.

Il secondo scopo, subordinato al primo, è tutelarsi nel caso in cui la difesa non avesse buon fine, e occorresse quindi impugnare il diniego definitivo. Davanti al Giudice, infatti, sarebbe indispensabile far vedere che l'istante non ha prestato alcun tacito consenso al preavviso di diniego, ma che al contrario lo ha contestato fermamente, palesando, in questo modo, la sua forte motivazione ad acquisire la cittadinanza italiana.

Il ricorso contro il diniego della cittadinanza per residenza va presentato entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento di diniego definitivo.

Con il ricorso si chiede all’autorità giudiziaria di accertare e dichiarare la illegittimità del provvedimento, e pertanto di disporne l’annullamento.

Sebbene il giudice amministrativo, in caso di accoglimento del ricorso, non possa spingersi ad ordinare all'Amministrazione di concedere la cittadinanza, rimanendo quest'ultimo un atto pur sempre discrezionale della Pubblica Amministrazione, è naturale che, quest'ultima, annullato dal Tar il provvedimento di diniego, non potrebbe emettere un nuovo diniego sulla base dei medesimi motivi. Pertanto, di fatto, è obbligata a concedere la cittadinanza.

Si ricorda che il provvedimento di diniego della cittadinanza per matrimonio va impugnato davanti al giudice ordinario, essendo oggetto di controversia un diritto soggettivo, a meno che il rigetto sia stato emesso ai sensi dell’art. 6 della Legge n. 91 del 1992, ovvero a causa dell’esistenza dei motivi ostativi attinenti alla sicurezza dello Stato.

Solo in questo caso il diritto soggettivo affievolisce a “interesse legittimo”, per cui la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo.

 

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