Vittoria in un ricorso contro il diniego di visto per residenza elettiva
Con la recente sentenza n. 10878/2023 del 28/06/2023, il Tar Lazio di Roma, Sezione III^, ha accolto un ricorso di Boschetti Studio Legale avverso il provvedimento di diniego del visto per residenza elettiva emesso dal Consolato d’Italia a San Paolo. Si tratta di un grande successo, che dimostra come il team di Boschetti Studio Legale possieda piena padronanza nel diritto dell’immigrazione, e in modo specifico, nella materia dei visti per residenza elettiva.
Passando a esaminare la sentenza, il Tar Lazio ha preliminarmente delineato la disciplina normativa che regola la materia del rilascio del visto per residenza elettiva, modellandosi alle interpretazioni rese dalla giurisprudenza.
Anzitutto, si è osservato che il rilascio del visto per residenza elettiva è regolato dal punto 13 del Decreto Interministeriale n. 850/2011 (c. d. codice dei visti), secondo cui:
“Il visto per residenza elettiva consente l'ingresso in Italia, ai fini del soggiorno, allo straniero che intenda stabilirsi nel nostro Paese e sia in grado di mantenersi autonomamente, senza esercitare alcuna attività lavorativa. A tal fine, lo straniero dovrà fornire adeguate e documentate garanzie circa la disponibilità di un'abitazione da eleggere a residenza, e di ampie risorse economiche autonome, stabili e regolari, di cui si possa ragionevolmente supporre la continuità nel futuro. Tali risorse, comunque non inferiori al triplo dell'importo annuo previsto della tabella A allegata alla direttiva del Ministro dell'interno del 1 marzo 2000, recante definizione dei mezzi di sussistenza per l'ingresso ed il soggiorno degli stranieri net territorio dello Stato, dovranno provenire dalla titolarità di cospicue rendite (pensioni, vitalizi), dal possesso di proprietà immobiliari, dalla titolarità di stabili attività economico-commerciali o da altre fonti diverse dal lavoro subordinato”.
Si evincono pertanto i seguenti requisiti di base:
- La concessione del visto per residenza elettiva presuppone la “disponibilità”, da parte del richiedente straniero, sia di un’abitazione da eleggere a residenza, sia di un flusso finanziario non inferiore al livello minimo contemplato dalla citata Direttiva del 1° marzo 2000 (ai sensi della menzionata tabella A sono richieste risorse pari a euro 31.159,29, giusta la quota fissa e giornaliera per l’ipotesi di viaggiatore singolo);
- l’Amministrazione, nell’esercizio dei propri poteri discrezionali, è chiamata a effettuare un giudizio prognostico sulla capacità del richiedente di “mantenersi autonomamente” in Italia, ossia “senza esercitare alcuna attività lavorativa”;
- “l’apprezzamento dell’amministrazione su un’istanza di visto di residenza elettiva deve [...] muovere dal riscontro della sussistenza dei requisiti di ‘ammissibilità’ per poi arrivare, all’esito di una puntuale analisi delle ‘risorse’ dell’interessato [...], all’espressione di un giudizio sulla sua reale ed effettiva capacità di insediarsi stabilmente sul territorio nazionale senza necessità di esercitare attività lavorative” (TAR Lazio, questa sez. III-ter, n. 8614/2020);
- non è sufficiente, per compiere detta valutazione, l’“ampiezza” (la cospicuità) delle risorse economiche, ma occorre anche che esse siano “autonome”, cioè nella piena disponibilità dell’interessato, e “stabili”, vale a dire non soggette a inopinate e improvvise fluttuazioni, di modo che se ne possa ragionevolmente supporre la continuità nel futuro;
- le “fonti di dette risorse” devono necessariamente provenire “dalla titolarità di cospicue rendite (pensioni, vitalizi)”, “dal possesso di proprietà immobiliari”, “dalla titolarità di stabili attività economico-commerciali” ovvero “da altre fonti diverse dal lavoro subordinato” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, III- ter, n. 6421/2018);
- la valutazione cui è chiamata l’Amministrazione risulta “ampiamente discrezionale, soggiacente alle consuete regole sul sindacato giurisdizionale in relazione ai vizi di manifesta irrazionalità o travisamento dei fatti” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, III-ter, nn. 1396 e 1397/2018).
In definitiva, statuisce il Tar, nella disamina delle istanze di visto di ingresso per residenza elettiva, l’Amministrazione è chiamata ad accertare in relazione all’interessato:
- il possesso di una casa da eleggere a residenza;
- la volontà di stabilirsi nel nostro Paese;
- l’autonomia finanziaria grazie al possesso di redditi o rendite di cui si possa presupporre la continuità nel tempo;
- l’assenza della necessità di svolgere qualsivoglia attività lavorativa in Italia.
Ebbene, nel caso del nostro cliente, il Giudice Amministrativo ha riconosciuto la sussistenza di tutti i requisiti necessari per ottenere il visto per residenza elettiva, ossia, nella specie:
- la disponibilità di un’abitazione in Italia da eleggere quale residenza, che nel caso di specie il cliente aveva ottenuto con un contratto di locazione debitamente registrato presso l’Agenzia delle Entrate;
- il possesso di stabili risorse economiche, che il nostro cliente ha documentato sotto forma di rendita stabile generata dai canoni di locazione degli immobili di cui è unico proprietario, per un ammontare di circa 60 mila euro annui, cioè pari pressappoco al doppio dell’importo minimo richiesto dalle norme surrichiamate;
- la disponibilità di cospicue giacenze sui conti correnti, presso cui affluiscono le predette risorse economiche.
Il nostro cliente, debitamente indirizzato e guidato dallo Studio, ha quindi fornito la prova documentale del possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge per il rilascio del visto per residenza elettiva. Di contro, l’Amministrazione ha fondato il suo diniego su formule generiche e stereotipate, inconciliabili con il quadro istruttorio delineatosi in sede procedimentale.
I poteri discrezionali della Pubblica Amministrazione in tema di rilascio del visto per residenza elettiva – afferma il Tar Lazio - devono essere esercitati nel rispetto del punto 13 del Decreto Interministeriale n. 850/2011, che è chiaro nel predeterminare parametri ben precisi che devono orientare l’esercizio del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione. Quest’ultima, pertanto, “è chiamata a valutare, con giudizio prognostico da formularsi sulla base dell’esame del quantum, della tipologia e della qualità delle risorse del richiedente, la capacità economica di quest’ultimo e l’idoneità delle stesse a garantirgli di mantenersi in Italia senza dover prestare attività lavorativa. In questa chiave assumono rilievo, l’entità, l’autonomia, la stabilità e la piena disponibilità delle risorse economiche dimostrate dal richiedente”.
Seppure l’Amministrazione avrebbe potuto eccepire altri elementi che potevano ritenersi ostativi alla concessione del visto per residenza elettiva, ciò non è avvenuto nel caso di specie, posto che l’Amministrazione non ha dimostrato, neppure in sede di memorie integrative, la sussistenza di “ulteriori condizioni ostative riscontrate dall’Amministrazione né tanto meno dell’iter valutativo che l’ha condotta a ritenerle prevalenti rispetto alle univoche e concludenti risultanze istruttorie comprovate dal richiedente”.
Questa sentenza riteniamo abbia fornito una intepretazione impeccabile dei requisiti del visto per residenza elettiva, inquadrando altresì correttamente il potere discrezionale della Pubblica Amministrazione nei relativi procedimenti. Siamo soddisfatti perché ora il nostro cliente brasiliano potrà vedere riesaminata la sua domanda, ed è presumibile che il Consolato d’Italia a San Paolo, questa volta, rilascerà il visto per residenza elettiva.