Cittadinanza per residenza
La domanda di cittadinanza per residenza può essere presentata dallo straniero che risiede legalmente in Italia da almeno 10 anni (4 anni, se comunitario).
L’art. 9 della Legge n. 91/1992 prevede periodi diversi di residenza per situazioni particolari. Ad esempio, sono necessari 5 anni di residenza per lo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano; stesso periodo è previsto per gli apolidi e rifugiati.
A differenza della cittadinanza per matrimonio, la cittadinanza per residenza è una concessione. L’Amministrazione, quindi, ha un elevato potere discrezionale nel valutare la meritevolezza dello straniero, e il parallelo interesse dello Stato ad accogliere quest’ultimo come nuovo cittadino.
In concreto, la domanda di cittadinanza per residenza richiede:
- La residenza anagrafica continuativa (senza buchi di residenza) in Italia, per 10 anni o il diverso periodo previsto per situazioni particolari dall’art. 9 Legge n. 91/1992;
- la titolarità di redditi sufficienti nei 3 anni precedenti la domanda. Il parametro minimo è l’importo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alle spese sanitarie;
- l’assenza di precedenti penali e carichi pendenti, sia in Italia che in qualsiasi altro Stato, ma più in generale, il richiedente deve aver tenuto sempre una buona condotta.
L’ampia discrezionalità che compete alla Pubblica Amministrazione nel decidere le domande di cittadinanza italiana per residenza rende assai preziosa l’assistenza legale.
Sebbene, infatti, gli stranieri guardino molto alla durata del procedimento, essendo loro interesse acquisire la cittadinanza il prima possibile, non va dimenticato che il primo obiettivo da raggiungere è la cittadinanza stessa.
Documenti e Domanda per Cittadinanza per residenza - Studio legale Avvocato Francesco Boschetti
Lo Studio Legale Boschetti si occupa di controllare il buon andamento delle pratiche di cittadinanza dei suoi assistiti, controllando l’esistenza dei requisiti di legge per tutta la durata del procedimento, affinché vengano evitati, e/o affrontati, eventuali ostacoli che potrebbero portare al diniego della cittadinanza.
Sono molti i problemi che si presentano nella realtà di tutti i giorni; ad esempio, il richiedente che durante il procedimento perde il lavoro e ha bisogno di acquistare la cittadinanza entro l’anno in cui percepisce l’indennità di disoccupazione; redditi non dichiarati; lo straniero che si porta dietro un vecchio precedente penale estinto o oggetto di riabilitazione; la Prefettura accerta che l’atto di nascita o il certificato penale sono privi delle formalità necessarie riguardo la legalizzazione o le Apostille, ecc.
La nostra assistenza è una corazza giuridica che accompagna il cliente dal conferimento dell’incarico fino alla conclusione del procedimento .
Nel corso dell’intero rapporto garantiamo trasparenza e informazione: ogni iniziativa presa nei confronti dell’Amministrazione, e ogni risposta ricevuta, vengono comunicate al cliente in tempo reale.
I nostri assistiti sono quindi messi al corrente dello stato delle loro pratiche, considerato che lo stato della pratica online, sul sito ministeriale, oltre a non essere sempre aggiornato, è comunque insufficiente a far capire all’interessato in che stato effettivamente si trova la sua domanda di cittadinanza.
Concentrandoci ora sull’aspetto dei tempi di attesa della cittadinanza , lo straniero deve sapere che il procedimento avente ad oggetto la concessione della cittadinanza per residenza si articola in molte fasi e coinvolge più Amministrazioni distaccate tra loro (Prefettura, Questura, Ministero dell’Interno…).
Vengono inoltre richiesti i pareri di più enti ed autorità (ad esempio, Consiglio di Stato, Ministero degli Affari Esteri…).
La complessità procedurale, la scarsità di personale negli uffici amministrativi, sono i principali fattori responsabili dei lunghi ritardi con cui si concludono i procedimenti della cittadinanza per residenza: ritardi che possono arrivare anche a 5 o 6 anni.
L’intervento dello Studio Legale Boschetti ha come obiettivo di far sì che le pratiche dei nostri assistiti siano messe in evidenza negli uffici amministrativi, e non vadano invece a finire nel mucchio delle pratiche dimenticate.
E’ opportuno avviare la pratica di sollecito ancora prima che sia trascorso il termine di 730 giorni: il principio generale è che prima si avvia l’intervento legale, migliori saranno i risultati raggiunti.
Quando invece è trascorso il termine di 730 giorni, esistono due possibilità per l’aspirante cittadino italiano: iniziare (o continuare) una pratica di sollecito, oppure presentare ricorso al Tar.
Il ricorso è il rimedio più veloce e sicuro, sempre consigliabile nei casi in cui il richiedente possiede motivi di urgenza (ad esempio, perché lo attende un lavoro all’estero, o comunque vuole trasferirsi in un altro Stato).
Il Ministero dell’Interno, infatti, non appena riceve il ricorso, inserisce la pratica di cittadinanza tra quelle prioritarie e si attiva per concluderla spontaneamente, al fine di non subire la sentenza di condanna, che esporrebbe i funzionari pubblici responsabili del ritardo a possibili sanzioni civili e/o disciplinari.